ANDARE IN CAMBOGIA: perchè?

Posted by on Nov 9, 2011 in News, Voci dalla missione | 0 comments

ANDARE IN CAMBOGIA: perchè?

Ce lo racconta Chiara, che è stata in visita ai progetti CAM TO ME nel mese di agosto

Durante l’estate mi è stato proposto da parte dell’ associazione Onlus Cam to me, di prendere parte ad un viaggio in Cambogia di un mese circa, al fine di visionare i progetti umanitari gestiti dalla seguente organizzazione.Questo viaggio mi ha senza dubbio offerto un’occasione per riflettere su vari aspetti.

Sono convinta che ognuno abbia un’idea personale di viaggio: ad alcuni piace andare a passeggiare in montagna, ad altri godersi i fantastici mari tropicali o al contrario sfidare la “fortuna” e andare dove nessun altro turista oserebbe mai andare. Per me la parola viaggio racchiude vari significati.
Un viaggio è innanzitutto una conoscenza interiore, che stimola i sensi e le percezioni, muovendo emozioni ed accendendo l’immaginazione e la fantasia, dandoci così l’opportunità di allargare gli orizzonti della nostra coscienza.

In questo caso penso che la Cambogia sia stata una vera e propria esperienza di vita, Chiaracon tutto ciò che questa comporta: fatica, ansia, stanchezza, ma anche soddisfazione, appagamento ed eccitazione. Posso dire abbia rappresentato un’avventura esistenziale e morale che per un attimo mi ha “sradicato” dalle abitudini quotidiane, dai preconcetti, dai vizi mentali, facendomi mettere fra parentesi le certezze della mia esistenza ed aprendomi a nuove possibilità, nuovi orizzonti e nuove filosofie di vita.

Insomma, ho avuto modo di stare a contatto con una povertà materiale assoluta, ma allo stesso tempo con una grande forza di volontà e ricchezza interiore, oltre che ovviamente dei volontari impegnati in missione, della gente comune. E questo mi ha dato occasione per riconoscere che quello in cui vivo tutti i giorni non è “ l’ unico dei mondi possibili “!

Viaggiare è stato quindi scoprire gente straordinaria e affascinante con le loro miserie e ricchezze, ma anche cogliere paesaggi sconfinati e sublimi, monumenti e templi fantastici : un’ immersione nei luoghi più diversi per abbandonarsi alla loro bellezza e al fascino che sanno trasmettere.
La maggiore difficoltà è stata quella di calarsi totalmente in una realtà ai nostri occhi così distante, senza mediazione o distacco, ma con la semplicità e l’immediatezza di chi vuole veramente conoscere, vedere, ascoltare e capire quello che ha di fronte. Solamente disponendosi “all’ ascolto” io ritengo sia possibile scorgere gli aspetti più autentici e significativi dal punto di vista umano, etnico-culturale e del territorio.

Io penso sia proprio questo il modo migliore per coniugare il pensiero e l’azione, la vita e la riflessione, laddove, invece, nella quotidianità questi due fondamentali aspetti, non sembrano più poter essere compatibili, ma corrono ormai su binari paralleli e inconciliabili.

Ci tengo a precisare che con queste affermazioni non voglio certo dire di aver conosciuto e compreso totalmente la cultura cambogiana, perché sarebbe una pretesa assurda se paragonata alla limitata quantità di tempo della mia permanenza. Vorrei semplicemente far capire che è proprio entrando in contatto con un paese connotato da origini e credenze storico-culturali così diverse da quelle occidentali,  che possiamo riflettere su noi stessi : il confronto è il prerequisito essenziale per la crescita personale.
In visita in un villaggioLe identità infatti, cambiano e si evolvono, soprattutto grazie all’incontro con altre culture.
Un discorso di questo tipo capisco che può sembrare niente di più che una riflessione filosofica o ideale, ma io lo trovo invece di grande attualità. Penso per esempio all’ effetto della globalizzazione economica e culturale e delle continue migrazioni, che oggi hanno inevitabilmente messo in contatto culture molto diverse tra loro.
Nella convinzione che la comune ragione ed i comuni valori e diritti naturali, possano portare a punti d’ incontro positivi, è proprio sul “ dialogo “ che su cui dovrebbe essere fondata la convivenza pacifica e collaborativa all’interno degli Stati.

Questo atteggiamento prevede rispetto e tolleranza verso “l’ altro”, ben diverso da un dialogo ridotto al semplice scambio di convenevoli o ad un comportamento ipocrita di chi sceglie di astenersi da ogni giudizio : l’ indifferenza non è che una finzione .
Molti pensano che l’affermazione dell’identità sia necessariamente causa di intolleranza e di scontro, ma questo non è che un pregiudizio di chi non si è mai interrogato seriamente sui contenuti che deve avere un dialogo serio e costruttivo.
Il lavoro culturale, dunque, dobbiamo farlo innanzitutto su noi stessi, perché se ci facciamo risucchiare dal diffuso relativismo, non avremo più nessun valore che sia alla base del dialogo e della convivenza civile.

In conclusione quindi, ritengo che il mio viaggio in Cambogia sia stata un’ esperienza estremamente interessante e formativa sul piano personale, ma soprattutto la considero come un’ occasione d’ arricchimento per  la vita e la cultura  che ogni giorno vivo nel mio Paese.

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